È di pochi giorni fa l’annuncio trionfalistico della mozione parlamentare – e decreto di modifica alla legge di bilancio – presentati per chiedere l’istituzione di una “zona economica speciale” a Marghera, con sgravi estesi anche alle aziende della provincia di Rovigo. A esultare, come riportato dalla stampa locale, il Sindaco di Venezia e il presidente di Confindustria di Venezia e Rovigo.
Ma cosa sono le Zone economiche speciali? Ne esistono altre in Italia e nel mondo?
Gli sgravi fiscali, le semplificazioni procedurali e doganali promesse alle aziende, sono misure che le istituzioni presentano come funzionali ad attrarre investimenti privati, nell’assunzione che poi questi abbiano una ricaduta positiva sul territorio. Sarà davvero così?
Per rispondere a queste altre domande abbiamo cercato di capire meglio cosa fossero le Zone economiche speciali (ZES), guardando alle esperienze esistenti e soprattutto al piano di investimenti infrastrutturali più ampio in cui queste si inseriscono.
Il mito della crescita economica, ripescato da governi e istituzioni sovranazionali, come la Commissione europea, nel contesto della crisi sistemica che stiamo vivendo, si accompagna all’antico mantra sui nuovi posti di lavoro. Ma questa volta in una cornice nuova: quella di un piano di investimenti multi-miliardario per lo sviluppo dei cosiddetti “mega-corridoi infrastrutturali”. Ovvero una combinazione di espansione di porti, sviluppo di ferrovie per il trasporto di merci, istituzione di Zone economiche speciali, e molto altro. Un piano che potrebbe cambiare i territori interessati in maniera radicale, ma in quale direzione? Quella della sostenibilità, e del Green New Deal for Europe promesso dalla nuova Commissione europea, insediatasi nei giorni scorsi, o quella della continuata estrazione di ricchezza dal lavoro, dai territori, da ogni ambito della nostra vita?