In Puglia scontro sul gasdotto TAP

No tap
No Tap

[di Luca Manes] pubblicato su Pagina99

TAP è l’acronimo di Trans Adriatic Pipeline, un gasdotto per ora ancora sulla carta che dalla Grecia dovrebbe passare per l’Albania, immergersi nel Mar Adriatico per poi rispuntare in Puglia, in uno dei tratti di costa più belli e incontaminati del Salento. Ma in realtà il TAP è solo un segmento di un’opera ancora più grande, un serpentone di 3.500 chilometri che una volta completato porterà in Europa il gas che si trova al largo dell’Azerbaigian, nel Mar Caspio.

Gli altri due tratti si chiamano Trans Anatolian Gas Pipeline (TANAP) che, come dice il nome, interesserà il territorio turco, e Southern Caucasus Gas Pipeline, che parte dal Mar Caspio e passa per le Georgia.

In un secondo momento il Corridoio potrebbe comprendere anche il gasdotto Trans-Caspian, dal settembre 2011 oggetto di un negoziato diretto tra la Commissione europea e il governo del Turkmenistan. Il Paese asiatico, infatti, può contare su immense riserve di gas, stimate in 7,5  miliardi di metri cubi. Un tesoro che fa gola a molti. Per ora la trattativa procede in assoluta segretezza e con l’esclusione degli Stati Membri dell’UE, sulla base di un mandato del Consiglio europeo di cui non è nota la base giuridica.

Insomma, per ripagare gli investimenti previsti per i vari gasdotti potrebbe non bastare il gas azero, ma intanto gli unici accordi di trasporto sono stati formalmente siglati con il consorzio che gestisce il giacimento di Shah Deniz nel Mar Caspio, entrato nel TAP nel 2013, che sta avviando la seconda fase della sua esplorazione.

Ma prima di capire se nei tubi scorrerà solo gas azero oppure no, bisogna vedere se il TAP vedrà mai la luce.

Il progetto è fortemente contestato dalle comunità pugliesi, che lo considerano dannoso oltre che inutile, vista l’evidenza del crollo della domanda di gas in Italia. Tra gli oppositori anche diversi enti locali, con in testa l’amministrazione di Melendugno e altri 31 comuni della zona, che nel corso del 2013 hanno approvato una delibera che rifiuta il progetto in toto, in quanto incompatibile con il territorio. Tra le motivazioni, i seri impatti sull’ambiente, incluse le falde acquifere e centinaia di ulivi millenari che si trovano sul territorio di Melendugno, e in particolare sulla costa. A essere in pericolo sarebbe un ecosistema marino molto fragile e sulla cui tutela e valorizzazione si incentra il modello economico e turistico scelto da queste comunità. Un gasdotto, sostengono i detrattori dell’opera, non è compatibile con spiagge e pinete di grande pregio, nonché con un mare dalle acque pulite e limpidissime, come testimoniano le Bandiere Blu e le Cinque Vele riconosciute negli ultimi anni alle marine di Melendugno.

Dopo essere venuto a conoscenza del progetto quasi per caso, per far valere le ragioni delle comunità locali, in Salento è stato costituito il Comitato No TAP . “Tre anni fa alcuni di noi hanno appreso dell’opera leggendo un comunicato stampa che faceva riferimento al TAP ripreso da una testata locale” ha spiegato a pagina99 Alberto Santoro dei No Tap.

Il comitato è composto da molteplici associazioni presenti sul territorio come Tramontana, ReAzione, Biocontestiamo, la cooperativa di pescatori “Il Delfino”, Punto a capo, No al carbone di Brindisi  e numerosi cittadini di tutta la provincia di Lecce e Brindisi. “È difficile dare un numero preciso degli aderenti al comitato che essendo  una struttura “gassosa” si espande e si contrae a seconda della temperatura. Nei momenti caldi la contestazione ha coinvolto anche 2-3000 persone. Ci sono stati vari momenti di mobilitazione, con incontri e manifestazioni culturali per sensibilizzare la popolazione locale sul tema” ci ha raccontato Santoro.

L’anno scorso i No TAP e la commissione tecnica istituita dal Comune di Melendugno hanno inoltre riscontrato numerose lacune nella stesura del progetto. Centinaia sono state infatti le osservazioni presentate nel corso dell’iter di valutazione di impatto ambientale, in buona parte accolte dai ministeri dell’Ambiente e della Cultura, che lo scorso 7 marzo ha inviato al consorzio TAP ben 48 prescrizioni.

In particolare al progetto sono state “rimproverate” genericità, incompletezza, incongruenze e criticità ambientali. La corposa integrazione (oltre 1.200 pagine) è arrivata il 17 aprile. Adesso c’è tempo fino al 17 giugno per i soggetti interessati per presentare le contro-osservazioni, poi la commissione del ministero dell’Ambiente avrà 90 giorni per prendere la sua decisione.

Insomma, un iter complesso e travagliato, tanto che dopo il G7 Energia, tenutosi a Roma il 5 e 6 maggio scorsi, era trapelata l’intenzione del governo croato di “mettersi a disposizione” per ospitare l’ultimo tratto, sostituendo così l’indecisissima Italia. Un’eventualità accolta con fastidio dall’amministratore delegato del consorzio Giampaolo Russo ma che, come ha confermato a pagina99 Luigi Quaranta della TAP, adesso appare un po’ più remota. “L’attuale esecutivo italiano pare darci la dovuta attenzione, che in precedenza era invece mancata. È giunto il momento di mettere attorno a un tavolo tutti i soggetti interessati, ministeri, regione Puglia ed enti locali, per parlare della questione”. Quaranta non ha dubbi sulla bontà delle integrazioni apportate al progetto. “Secondo noi la miglior soluzione è l’arrivo a San Foca, ma abbiamo già formulato delle ipotesi alternative, tutte sostenibili dal punto di vista ambientale”. Anche a livello istituzionale il TAP è visto come un’importante porta del gas per l’Europa ed è una valida alternativa a South Stream, la pipeline fortemente caldeggiata dall’Eni ideata per portare il gas russo nel Vecchio Continente, ma uscita con le ossa rotte dal G7 energia. “Meglio differenziare, con i tempi che corrono” ribadisce Quaranta.

Di tutt’altro parere è il sindaco di Melendugno Marco Potì. “Credo che la storia dell’ipotesi Croazia sia più una strumentalizzazione del consorzio TAP che altro, così come non penso che il governo Renzi abbia deciso in maniera definitiva di mettere da parte South Stream per favorire il TAP. Negli ultimi giorni sembra vero piuttosto il contrario” ci dichiara il primo cittadino di Melendugno, il quale fa il punto sull’opposizione delle amministrazioni locali al progetto. “Ci sono state tre delibere contro il TAP. L’ultima, datata ottobre 2013, è stata ripresa da una trentina di comuni dall’area e dalla Provincia di Lecce. Poi abbiamo creato una commissione speciale composta da professori universitari ed esperti vari che hanno evidenziato le lacune e le problematiche del progetto. Come visto le richieste di integrazione dei ministeri sono state numerose, ma riteniamo carente anche la nuova documentazione presentata dal consorzio e per questo entro il 17 giugno faremo sentire la nostra voce”

Il sindaco è molto combattivo ed irremovibile. Ha già rinunciato a un’offerta di cinque milioni di euro presentata dal TAP per finanziare un studio sull’annoso problema dell’erosione costiera e si dice anche convinto che il gasdotto, oltre a comportare enormi impatti ambientali qualunque sia l’approdo previsto – quindi anche nel caso di alternative a San Foca – sia controproducente dal punto di vista economico. “Il mercato del gas è in crisi, in Italia ci sono rigassificatori come quello di Livorno che attualmente non vengono impiegati, che ce ne facciamo di un’altra infrastruttura che, per la parte su terra, sarà in carico allo Stato?”

Le ipotesi alternative non convincono nemmeno la Cooperativa dei pescatori “il Delfino”, molto attiva nel settore del cosiddetto pesca-turismo, che in estate garantisce oltre il 30 per cento degli introiti.

Mentre una cooperativa più piccola della zona ha raggiunto un’intesa con il consorzio costruttore,  quella di cui Jonny De Matteis è presidente – che può contare su 190 soci – ha un contenzioso aperto con il TAP. “A causa delle prime prospezioni in mare abbiamo perso l’equivalente di una cinquantina di giorni di lavoro. TAP ci vorrebbe risarcire usando un calcolo approssimativo sul pescato perso, noi chiediamo l’applicazione del sistema UE sul fermo pesca” ci ha spiegato De Matteis.

Il pesce, come si può immaginare, è il pezzo forte del menù della trattoria di Enzo Tommasi, da tutti nella zona conosciuto come Concepita, che dalla pipeline disterebbe 800 metri. Da lui, popolarissimo in tutta la zona, si servono la frittura No TAP e le Linguine alla Cassano, che non sono un improbabile omaggio al giocatore del Bari – non molto amato da queste parti – ma ricordano un famoso scoglio in mezzo al mare che l’oleodotto si porterebbe quasi sicuramente via. “Vogliono sventrare il Salento, cancellare il turismo, ma non ci stiamo. E si badi bene, il progetto non si deve fare né qui né altrove” si infervora Tommasi. La partita è aperta e ora la palla passa al governo Renzi.

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