Piano casa o piano banche?

Contro la crisi, riprendiamoci la cassa - foto Re:Common
Contro la crisi, riprendiamoci la cassa - foto Re:Common

[di Antonio Tricarico] Tra le misure messe in campo dal governo la scorsa settimana nell’ennesimo “decreto del fare”, ha avuto grande risalto sui media il “piano casa”, oltre ovviamente alla saga della questione Imu.

Si parla di ben 4,4 miliardi di euro per aiutare le famiglie a stipulare nuovi mutui per l’acquisto della casa, facendo così ripartire il settore dell’edilizia, che è ancora rilevante nell’economia italiana. In realtà il governo dal bilancio dello Stato ci mette solo 400 milioni, destinati a coloro più in difficoltà a riscadenzare il pagamento delle rate del proprio mutuo. Quattro miliardi, invece, verranno dall’ormai onnipresente e onnipotente Cassa depositi e prestiti (Cdp), la banca di investimenti pubblico-privata italiana che gestisce 235 miliardi di euro del risparmio postale.

Si direbbe: bene, almeno per una volta i soldi della classe media e bassa italiana che finiscono nei buoni di risparmio postale – con tassi bassi ma sicuri – saranno utilizzati per la stessa classe sociale ed un fine nobile, ossia permettere l’acquisto di una casa. Ma il meccanismo proposto solleva molti dubbi. La Cdp non presta direttamente agli italiani, ma alle banche, le quali, dopo averci caricato su i costi dell’intermediazione, potranno erogare nuovi mutui decidendo in autonomia a chi e a fronte di quali garanzie offerte.

Una domanda sorge spontanea: ma non erano proprio gli istituti di credito italiani quelli che hanno fatto di più ricorso alle linee di credito a tre anni a tassi quasi nulli aperte dalla Banca centrale europea per aumentare la liquidità del sistema, rompendo così il circolo vizioso del credit crunch? Le banche diranno che adesso hanno vincoli maggiori che discendono dalle nuove regole di Basilea sull’adeguamento del proprio capitale, nonché molti prestiti in sofferenza e incagliati che consigliano prudenza nell’erogazione di nuovi mutui. Cosicché la liquidità regalata dalla Bce finisce “per prudenza” nel loro trading finanziario più speculativo, o in operazioni nei paesi emergenti, se non in nuovi prestiti ai soliti noti, anche se sono indebitati o coinvolti in operazioni dubbie.

Con i prestiti di Cdp e la garanzia che in parte questa istituzione, e quindi per l’80 per cento lo Stato, si sobbarca, le banche potranno prendersi nuovi rischi legati ai mutui per la casa. Il tutto a “svantaggio” dello Stato stesso e dei risparmiatori. Emblematico, infatti, che una parte dei 4 miliardi servirà per acquistare titoli emessi dalle banche, “impacchettando” mutui in essere problematici, liberando i bilanci delle banche e permettendo loro di prestare ulteriormente. Insomma, quello che si faceva allegramente negli ultimi anni prima della crisi finanziaria dei mutui sub-prime del 2007. Soltanto che adesso è lo Stato a comprarsi i probabili titoli immondizia!

Vedremo se alla fine qualche mutuo nuovo e non ai soliti noti sarà stipulato, oppure se si finirà come con i soldi dati alle banche per prestare alle piccole e medie imprese – sempre da Cdp o dalla Banca europea per gli investimenti, pubblica al 100 per cento – che poi alla fine hanno ricevuto ben poco e continuano a lamentarsi. Nel frattempo le banche un’altra fettina del risparmio postale se lo prendono e lo gestiranno. Considerando che le fondazioni bancarie già oggi detengono il 20 per cento della Cdp dopo il regalo loro fatto dall’allora ministro Giulio Tremonti nel 2003 e confermato da tutti i ministri che si sono succeduti a Via XX Settembre. Per questo è meglio chiamarlo “piano banche” più che piano casa, almeno faremo giustizia a chi la casa ancora una volta non se la potrà comprare perché le banche non gli daranno fiducia e soldi (dei risparmiatori postali).

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