Pubblicato su Domani
Non c’è più pace per il Mozambico. Dal 2017, lo stato africano è alle prese con un’insurrezione armata guidata dal gruppo Al-Shabaab, che ha scatenato il panico nel nord del paese, causando 4000 morti e costringendo la compagnia francese Total a sospendere uno dei più grandi progetti di gas liquefatto al mondo. Dopo una breve fase di stallo, nelle ultime settimane gli attacchi si sono nuovamente intensificati. Ma Eni non demorde.
È passato poco più di un anno dall’offensiva dei miliziani di Al-Shabaab contro la città di Palma, sede del progetto di Total Mozambique LNG, provocando dozzine di morti e migliaia di sfollati. Total ha interrotto le operazioni nel paese, evacuando tutto il suo personale.
Il governo del Mozambico allora ha chiesto aiuto a quello del Ruanda che ancora oggi dispone di un contingente di circa 2000 militari nel paese. Le truppe ruandesi sembravano aver ripreso il controllo del territorio, ma a maggio il sangue ha ripreso a scorrere a Capo Delgado, dove una lunga serie di attacchi ha provocato decine di morti e 17mila sfollati in un solo mese, secondo le Nazioni Unite.
Se finora gli attacchi erano rimasti confinati nella parte più settentrionale della regione, intorno alle città di Pemba e Mocimboa da Praia dove ricadono le infrastrutture di Total, nelle scorse settimane gli insorti hanno preso di mira le zone più a sud, che ospitano decine di migliaia di rifugiati interni, costretti così a fuggire per la seconda o terza volta in pochi mesi.
I primi ad essere attaccati sono stati i distretti di Ancuabe a Chiure, distanti solo un centinaio di chilometri da Pemba, capitale della regione. Gli agguati hanno costretto alcune multinazionali minerarie a evacuare il personale, dopo che due membri del personale di sicurezza sono rimasti uccisi in un attacco rivendicato dall’Isis.
Il governo mozambicano vuole però restituire una parvenza di normalità, necessaria a consentire il riavvio dei progetti di gas, e così ha ordinato ai pubblici ufficiali di tornare nei loro distretti, sebbene i rischi siano ancora elevati. Secondo il Segretario di Stato per Cabo Delgado, attualmente solamente un terzo dei dipendenti pubblici è tornato a lavoro.
Intanto, il parlamento mozambicano ha appena approvato una legge che punisce con una pena da 2 a 8 anni chiunque pubblichi informazioni “false” relativamente al conflitto in atto a Capo Delgado. Un tentativo di controllare la narrazione ufficiale.
In un contesto come questo, è chiaro perché Total voglia prendere altro tempo, prima di indicare una data ufficiale per la ripresa dei lavori. Nel corso della sua ultima assemblea degli azionisti, a fine maggio, la compagnia francese ha confermato che non intende procedere con il progetto Mozambique LNG, valutato circa 20 miliardi, fino a quando “le amministrazioni locali e la popolazione non avrà fatto ritorno nelle proprie case” e sarà garantita “la libertà di movimento e di circolazione” in tutta la regione.
Gli indugi di Total sembrano però aver spazientito gli altri partner del consorzio, in primis Eni e l’americana Exxon, le quali da tempo hanno in programma di avviare un terzo, mastodontico progetto estrattivo in Mozambico, che se realizzato rappresenterebbe il più grande della regione.
Il progetto Rovuma
Valutato 30 miliardi di dollari, il progetto Rovuma LNG, di cui Eni è capofila, prevede la realizzazione di un impianto su terraferma per il processamento e l’export del gas proveniente da 24 pozzi sottomarini. Il progetto, la cui capacità complessiva sarebbe di 15 milioni di tonnellate di gas all’anno, è stato approvato dal governo mozambicano nel 2019, ma non è mai iniziato a causa del conflitto.
Fino a poco tempo fa, Exxon aveva sempre dichiarato che Rovuma non sarebbe partito finché Total non fosse tornata in Mozambico.
Ora però, complice forse anche l’evoluzione del conflitto in Ucraina e la necessità di monetizzare, Eni e il partner americano sembrano voler premere sull’acceleratore.
Secondo quanto riportato dal media specializzato, Zitamar, le due società sarebbero in procinto di annunciare la realizzazione di nuovi impianti di liquefazione galleggianti, che si aggiungerebbero a quello Coral South, operato sempre da Eni.
Voci di una svolta in arrivo vengono riportate anche da Africa Intelligence, secondo cui Eni ed Exxon potrebbero sottomettere un nuovo piano di sviluppo alle autorità di Maputo già nelle prossime settimane.
Forse il premier Mario Draghi ha rinunciato alla visita di inizio maggio in Mozambico in vista del possibile grande annuncio in arrivo. «Eni, insieme ai propri partner, sta vagliando tutte le opzioni tecniche ed economiche che consentano al Mozambico ed ai partners di valorizzare le ingenti risorse a gas scoperte nell’area», dice l’azienda a Domani.