«Mio padre agli arresti perché sapeva dei traffici di gas azero»

Pubblicata su Domani il 10 ottobre 2024

Gubad Ibadoghlu è uno stimato accademico della London School of Economics e un attivista anti-corruzione. Le sue ricerche si sono concentrate in particolare sul settore dei combustibili fossili di cui è ricco il suo Paese, l’Azerbaigian. Una voce molto scomoda, come ci racconta sua figlia Zhala Bayramova, avvocata nel campo dei diritti umani, che abbiamo incontrato a Roma.

Mio padre è stato arrestato nel luglio del 2023, quando si era recato in Azerbaigian per visitare mia nonna, molto malata. La sua auto è stata investita da una macchina della polizia, causando dei danni permanenti a mia madre, che era con lui. I nove mesi in prigione sono stati durissimi, con un accesso molto limitato al cibo e all’acqua e nessuna cura e medicinali, nonostante mio padre fosse reduce da un intervento al cuore. Ora si trova agli arresti domiciliari, ma avrebbe bisogno di un’altra operazione. Per questo stiamo cercando in tutti i modi di farlo uscire dall’Azerbaigian.

Perché è stato arrestato?

Ufficialmente per aver prodotto del denaro falso e per attività sovversive, accuse per cui rischia una pena fino a 17 anni di reclusione. Nella realtà perché con le sue ricerche aveva rivelato molto verità scomode per il governo azero: dagli impatti ambientali del settore estrattivo, al riciclaggio di denaro a esso legato e a come parte del gas che l’Azerbaigian esporta in Europa arrivi in realtà dalla Russia.

Tuo padre deve servire come esempio…

Sì, visto il suo alto profilo e la sua reputazione, il governo ha voluto lanciare il messaggio che se potevano imprigionare Ibadoghlu potevano imprigionare chiunque. Alla fine del 2023, la repressione è aumentata in maniera esponenziale. Il numero dei prigionieri politici è aumentato da 90 a oltre 290. Avvocati, attivisti, difensori dei diritti umani e anche giornalisti, tanto che sono stati chiusi due media indipendenti. Il governo non ha risparmiato nessuno. In pratica nel mio Paese la società civile non esiste più.

Perché c’è stata questa stretta?

Credo che il motivo sia la COP29 che si terrà a metà novembre a Baku. Non è la prima volta che il mio Paese ospita un grande evento internazionale. In passato ci sono stati l’Eurovision e i Giochi Europei e gli attivisti riuscirono ad inscenare delle proteste soprattutto per attirare l’attenzione dei media internazionali. La COP29 è un appuntamento troppo importante e, nonostante sia un summit sul clima, il governo ritiene di poter siglare vari contratti per l’export di combustibili fossili, anche grazie alla massiccia presenza di lobbisti del settore. Per questo vogliono tacitare ogni voce fuori dal coro che racconti delle violazioni dei diritti umani nel Paese.

Ci puoi raccontare più nel dettaglio l’attività di tuo padre?

È stato forse il primo a rivelare i nefasti impatti sull’ambiente e sulla salute dell’attività estrattiva in Azerbaigian. Il centro di Baku può ormai sembrare simile a Dubai, ma se si va in periferia si vedono fuoriuscite anomale di petrolio e altre conseguenze negative delle trivellazioni. La salute delle persone è segnata da tutto ciò. Poi i suoi studi dimostrano che le riserve azere non sono così ricche e che parte del gas che arriva in Europa potrebbe essere russo, di fatto aggirando le sanzioni.

Quindi l’oil&gas è di fondamentale importanza per il governo, monopolizzato dalla famiglia Aliyev?

Assolutamente sì. Basta pensare che è direttamente il Presidente a nominare i vertici della Socar, il gigante fossile azero. Più in generale, è indubbio che quella degli Aliyev sia una vera e propria dittatura, con forti legami con la Russia. Per comprendere meglio queste relazioni basta tornare indietro ai tempi dell’Unione Sovietica, quando il padre dell’attuale presidente, Heydar, era a capo dell’Azerbaigian ma anche un esponente di peso del KGB. Ilham Alyiev ha “ereditato” la carica dal padre nel 2003, quasi come se la nostra fosse una monarchia. Le elezioni sono una farsa, lo hanno testimoniato a più riprese gli osservatori internazionali. Ora si sta preparando il terreno per il figlio di Ilham, il quale ha già partecipato a vari incontri ufficiali nonostante non rivesta alcuna carica formale. Poi non va dimenticato che la moglie è vice-presidente del Paese, il che vuol dire che qualora accada qualcosa al marito lei gli può subito subentrare. Ma la presenza della famiglia è ancora più capillare: ha partecipazioni azionarie nelle principali aziende del Paese e ci sono state numerose inchieste giornalistiche che hanno rivelato una forte attività di riciclaggio del denaro, non a caso che il nome degli Aliyev è spuntato nei Panama Papers. Purtroppo l’élite vicina al presidente si è arricchita a scapito di buona parte della popolazione, che vive in condizioni d’indigenza.

Eppure i governi europei sembrano in ottimi rapporti con il presidente Aliyev. Quale è stata la reazione all’arresto di tuo padre?

Solo timide risposte dalle ambasciate del Regno Unito e della Germania in Azerbaigian, ma poco altro. Nulla da parte del governo britannico, neanche il nuovo primo ministro ha preso posizione. Non è sorprendente, visto che il più grande investitore nel Paese è la multinazionale fossile inglese BP. Non solo, grandi quantità di denaro vengono riciclate nel Regno Unito, usando gli stessi canali che usano i russi per corrompere i politici. Eppure di queste cose si parla pochissimo. Noi abbiamo più o meno lo stesso livello di violazione dei diritti umani di altri Paesi, come l’Iran o la Corea del Nord, ma non sono state imposte delle sanzioni. L’unica spiegazione per tutto ciò è l’alto livello di corruzione in atto.

Quanto conta l’Azerbaigian per l’Italia?

Tantissimo, visto che tramite il gasdotto TAP l’Azerbaigian è il secondo esportatore di gas dell’Italia, mentre è il primo per il petrolio con ben il 23%. Ma il governo italiano dovrebbe cercare di capire da dove arriva davvero il gas che prende dal mio Paese e appurare quali sono le conseguenze sull’ambiente causate dal processo estrattivo.

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