L’UE punta su gasdotti nel Mediterraneo, idrogeno e CCS

La nuova lista dei progetti di interesse comune e di mutuo interesse (PCI/PMI) pubblicata questa settimana dalla Commissione europea riflette in tutto e per tutto la strategia europea ridefinita in chiave di sicurezza energetica. In primo luogo perché, nonostante l’esclusione dalla lista di nuovi gasdotti e infrastrutture dedicate ai combustibili fossili, l’Ue ha deciso di mantenere l’eccezione per due mega-gasdotti “strategici”: il Melita Transgas, che collega Malta alla Sicilia, e quindi alla rete di trasporto italiana, e il gasdotto Eastmed che collega i giacimenti offshore di gas di Israele con Cipro e la Grecia, passando per Creta. L’Ue decide di chiudere gli occhi di fronte al massacro di civili che Israele sta portando avanti da due mesi a Gaza, per consolidare le relazioni con il nuovo partner energetico strategico dell’UE.

Nave gasiera a Malta, 2022. Foto ©Daniela Sala/ReCommon

Nel 2022 infatti Israele ha esportato 10 miliardi di metri cubi di gas, di cui buona parte al mercato europeo, passando attraverso l’Egitto. Ma da oltre un decennio Tel Aviv promuove la costruzione del gasdotto Eastmed, progetto molto costoso (almeno 8 miliardi di euro), tecnicamente complesso e geopoliticamente controverso, vista la ferita aperta tra Turchia, Cipro e Grecia a cui si aggiunge l’escalation di violenza e crimini di guerra da parte di Israele in risposta all’attacco terroristico di Hamas dello scorso 7 ottobre.

Tra i 166 progetti infrastrutturali inclusi nella lista, la prima a essere definita dai paesi membri dopo la revisione del regolamento europeo TEN-E nel 2022, fanno il loro ingresso ben 65 infrastrutture dedicate tese a costruire le fondamenta del mercato dell’idrogeno e 14 progetti dedicati alla costruzione di una rete transfrontaliera di CO2. I progetti inclusi nella lista potranno accedere a finanziamenti a fondo perduto messi a disposizione dalla CE tramite la Connecting Europe Facility (CEF). Il nuovo budget per i progetti energetici CEF per il periodo 2021-2027 è di 5,84 miliardi di euro, che si aggiungono ai 4,7 già spesi da quando è stata creata la CEF nel 2013.

Ma oltre al sostegno economico, utilizzato soprattutto per finanziare la fattibilità tecnica dei progetti, c’è quello politico che giustifica le procedure accelerate derivate dallo status di “priorità” strategica europea assegnata alle infrastrutture, già utilizzate in passato ad esempio per il gasdotto TAP di cui SNAM è azionista al 20%.

Proprio SNAM è protagonista nella promozione e realizzazione di due tra le più grandi infrastrutture incluse nella nuova lista: il corridoio sud dell’idrogeno (SouthH2Corridor) e il progetto Callisto, per il trasporto, la cattura e lo stoccaggio della CO2 nella regione del Mediterraneo. Alcuni aspetti di entrambi i progetti sono velati da un alone di mistero: non si sa per esempio se la dorsale italiana dell’idrogeno, ovvero la tratta italiana del corridoio che dovrebbe unire Algeria e Tunisia con l’Austria e la Germania, sarà un gasdotto dedicato unicamente al trasporto dell’idrogeno, o se si tratterà dell’adattamento della rete di trasporto del gas per renderla “hydrogen ready”, ovvero adatta a trasportare anche una certa quantità di idrogeno (tra il 10 e il 20%). Ma l’alone di mistero diventa una vera e propria cortina nel caso di Callisto, che avrebbe il suo perno nel progetto CCS di Ravenna, promosso da SNAM e ENI. Progetto che finora non è riuscito a raccogliere il sostegno economico del governo, rimanendo al palo prima con il PNRR e poi con il recente capitolo aggiuntivo parte di RePowerEU. Ora con la dimensione transfrontaliera che coinvolge la Francia, SNAM ed ENI vorrebbero trasportare nei pozzi esausti di ENI di Ravenna e non solo la CO2 del distretto industriale di Marsiglia, usando il sostegno politico ed economico europeo per realizzare la fase pilota. Quanto costerà, se funzionerà e per quanto tempo rimangono domande aperte. Purtroppo siamo alle solite: gli interessi delle corporation disegnano le strategie europee di sicurezza energetica, usando denaro pubblico per legarci ancora una volta alle “irrinunciabili” fonti fossili.

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