Mentre l’Europa dovrebbe decarbonizzare la produzione di energia elettrica entro il 2035 per limitare il riscaldamento a 1,5°C, un nuovo rapporto di ReCommon, Reclaim Finance, Beyond Fossil Fuels e Urgewald rileva che banche e investitori globali hanno fornito più di 314 miliardi di dollari al settore del gas dal 2019 al 2022, con altri 200 miliardi di dollari di sostegno da parte degli investitori a partire dal novembre 2022. L’analisi si concentra sulle aziende elettriche e sulle società che stanno sviluppando centrali a gas in Europa. Solo tre delle 25 banche più coinvolte – tra cui l’italiana UniCredit che figura al settimo posto del ranking – applicano una qualche forma di restrizione al settore e anche in questo caso si tratta di misure troppo deboli per fermare l’espansione e accelerare l’uscita dal gas.
Il nuovo rapporto rileva che quasi tutte le utility elettriche operanti in Europa non hanno ancora pubblicato alcun piano per eliminare gradualmente la loro dipendenza dal gas e circa 80 aziende stanno pianificando lo sviluppo di nuovi impianti a gas, con oltre 63 GW di impianti a gas previsti, di cui il 18% già in costruzione.
In Italia sono pianificate nuove centrali a gas, di cui la metà già in costruzione, per un totale di produzione di 8 GW. I principali attori italiani dell’espansione delle centrali a gas sono Edison, A2A, EPH e Enel. Edison, che tiene oggi la sua assemblea ancora una volta a porte chiuse e senza azionisti, vuole realizzare 2,5 GW di nuove centrali, con Presenzano e Marghera Levante in via di finalizzazione. Segue la ceca EPH con quasi 2 GW, che sta costruendo Tavazzano e potenziando la centrale di Ostiglia. Quindi abbiamo A2A con la conversione di Monfalcone, quando smetterà di andare a carbone, e San Filippo Mela. Infine, Enel che sta realizzando la conversione da carbone a gas della centrale di Fusina.
Emblematica della voglia di continuare a gas la risposta data da Edison a ReCommon quale azionista critico: “Gli impianti di generazione a gas sono indispensabili a garantire l’adeguatezza del sistema elettrico…In Italia la capacità di generazione a gas deve e dovrà continuare a coprire mediamente la domanda residua non coperta dalle rinnovabili”. Insomma, con buona pace del clima e della salute delle comunità locali, molte delle centrali a gas continueranno ad operare ben oltre il 2035. Il vecchio piano nazionale per l’energia e il clima aveva considerato, già in maniera eccessiva, al massimo 5,4 GW a gas necessari per compensare l’uscita dal carbone al 2025, ma da sempre le utility in Italia hanno promosso più progetti fossili di quanto richiesto. E per altro molti dei nuovi impianti – quali Marghera Levante e Presenzano – beneficiano dei lauti incentivi del mercato della capacità con cui si assicura una potenza fossile di riserva sempre pronta ad operare.
Sebbene il gas sia spesso dipinto dall’industria come una fonte di energia più pulita rispetto al carbone, e sia stato incluso in maniera controversa nella tassonomia “verde” dell’UE sotto alcune condizioni, le centrali elettriche a gas sono la più grande fonte di emissioni di anidride carbonica dalla generazione di energia elettrica in Europa. Soprattutto, le nuove centrali a gas produrranno sia le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione del gas fossile sia le emissioni di metano lungo la catena di approvvigionamento del gas, che sono 86 volte più dannose della CO2 in un periodo di 20 anni. Lo scorso gennaio, ReCommon in collaborazione con ISDE ha rivelato anche i pesanti impatti sulla salute ed anche economici sul sistema sanitario italiano legati alla combustione del gas per la produzione di energia.