La Bers e le sue ricette energetiche obsolete

Miniera di Kolubara in Serbia. progetto finanziato dalla Bers. Foto Bankwatch (CC BY-NC-SA 2.0)

[di Elena Gerebizza]

La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) ha pubblicato la sua strategia energetica per i prossimi anni. Un documento molto atteso soprattutto nei paesi dell’Europa centro-orientale e in quelli limitrofi, dalla Russia alla Mongolia al Nord Africa, dove la Banca concentra buona parte dei propri prestiti. Criticata per la scarsa attenzione alle richieste della società civile, poco attenta a forme di partecipazione e consultazione non solo nella definizione delle proprie politiche, ma anche nello specifico dei progetti che finanzia (il mandato della BERS è quello di promuovere lo “sviluppo sostenibile”), la BERS conferma di essere il dinosauro della finanza per lo sviluppo europea. Immobile nella propria visione di un mondo che per molti anni ancora dovrà dipendere dallo sfruttamento dei combustibili fossili, nonostante gli impatti drammatici sull’ambiente e sul clima di queste sue scelte di indirizzo.

In molti hanno applaudito all’annuncio di una riduzione calmierata degli investimenti sul carbone, il più inquinante dei combustibili fossili. Ma forse sarebbe più opportuno attendere di vedere se questo annuncio porterà a un reale cambiamento nel portfolio di investimenti della Banca, che annovera tra i prossimi progetti da finanziare la centrale a lignite in Kosovo. Un progetto che costringerebbe l’economia dei Balcani alla dipendenza dal carbone per i prossimi 50 anni, bloccando sul nascere qualsiasi piano nazionale di sviluppo delle rinnovabili e di un modello economico incentrato sulla produzione diffusa di energia. Solo poche settimane fa la banca si è trovata al centro delle proteste che criticavano la sua partecipazione alla contestata Conferenza internazionale sul clima e il carbone che la lobby del settore ha organizzato a Varsavia, a lato della Conferenza delle nazioni unite sul clima.

E’ tutto da vedere che cosa intende la BERS quando parla di impegnarsi a “non finanziare nuove centrali a carbone, ad eccezione di circostanze eccezionali dove non ci sono fonti energetiche alternative”.

Ma l’elemento più preoccupante della strategia energetica della BERS sta fuori dal comunicato stampa circolato con il lancio della strategia energetica. Ovvero l’esplicito sostegno della Banca a nuove, grandi opere nel settore del gas (come il Trans Adriatic Pipeline, e le altre componenti del corridoio sud del gas che la BERS si è dichiarata interessata a finanziare), inclusi progetti di esplorazione di gas di scisto sia in Europa che nei paesi vicini. Come ha dichiarato Riccardo Puliti, direttore del dipartimento energia e risorse naturali della BERS alla testata inglese The Guardian, “in futuro possiamo considerare il finanziamento di idrocarburi non convenzionali, ma prenderemo una decisione finale a riguardo solo quando vedremo i primi progetti economicamente avviati all’orizzonte”. Certo il ruolo della BERS dovrebbe essere quello di favorire l’avvio di un determinato settore, usando il potenziale di indirizzo dei finanziamenti pubblici. Qualsiasi scelta che darà sostanza alle parole sarà quindi determinante.

Staremo a vedere quali saranno i prossimi progetti a cui l’istituzione di sviluppo con sede a Londra deciderà di avvicinarsi, e quanto saranno in grado di tenere conto delle richieste delle comunità che vivono sui territori dove i nuovi mega progetti finanziati dalla BERS dovrebbero essere realizzati. Dalla Mongolia alla Tunisia, dall’Egitto alla Romania, dalla Turchia alla Grecia e fino all’Italia, l’opposizione a nuovi progetti energetici a cui la BERS ha già ventilato il proprio sostegno è già il segnale di un’istituzione che ha preso la via del passato e non certo del futuro.

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