Intesa Sanpaolo “rinuncia” a un’altra bomba climatica

Intesa Sanpaolo non finanzierà l’ennesima bomba climatica in fase di realizzazione in un angolo del nostro pianeta, precisamente in Papua Nuova Guinea.

In uno scambio epistolare con la rete Reclaim Finance, di cui fa parte anche ReCommon, l’istituto di credito torinese ha dichiarato di non essere interessato a sostenere un progetto per l’estrazione e la liquefazione del gas, il Papua LNG, nella Provincia del Golfo.

L’opera consiste in nove pozzi di produzione, un impianto di trattamento del gas e un gasdotto di 320 chilometri che viaggerà sulla terraferma e in mare. Si stima che, nel corso del suo ciclo di vita, il progetto produrrà 220 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente (MtCO₂-e) in emissioni di “scope 3” (l’inquinamento creato dalla combustione di combustibili fossili). Questo singolo progetto contribuirà all’inquinamento da gas serra equivalente a quello prodotto in un anno dall’intero Bangladesh, un Paese di quasi 170 milioni di abitanti.

La Papua Nuova Guinea, una nazione del Pacifico che si trova tra le isole della Melanesia, è uno dei luoghi più ricchi di biodiversità del mondo. Ospita centinaia di lingue, specie iconiche come l’Uccello del Paradiso, la terza foresta pluviale contigua più grande del mondo e diversi ambienti marini. È un luogo di straordinaria bellezza e di profonda conoscenza ecologica. La costituzione del Paese stabilisce che le risorse naturali e l’ambiente devono essere conservati “per il beneficio collettivo di tutti” e che la natura deve essere ricostituita per le generazioni future. Gran parte della popolazione si affida alle proprie terre e acque come fonti di sostentamento.

Orokolo Bay Beach, Papua New Guinea. Photo: CELCOR

Il governo papuano, purtroppo, ha capitolato alle pressioni della francese TotalEnergies, capofila di Papua LNG, in cui sono presenti anche la statunitense ExxonMobil, la giapponese JXNippon e la brasiliana Santos. 

È paradossale come in realtà la Papua Nuova Guinea non abbia bisogno di gas fossile. Il Paese ha una grande capacità di sviluppo di energia rinnovabile e potrebbe espandere enormemente l’accesso all’energia senza l’utilizzo di nuovi combustibili fossili, arrivando a fornire fino al 78% dell’energia di rete da fonti rinnovabili entro il 2030. Secondo le stime del governo, ciò potrebbe essere realizzato con un costo di 110 milioni di dollari, quasi 100 volte inferiore al costo stimato di 10 miliardi di dollari del progetto Papua LNG. Una bomba climatica che, per una volta, non vedrà alcun coinvolgimento italiano, visto che l’anno scorso anche UniCredit si era “distanziata” dal progetto.

Se la rinuncia al finanziamento del progetto in Papua Nuova Guinea è certamente una buona notizia, rimane il fatto che Intesa Sanpaolo ha una policy ambientale inadeguata e sostiene altre “opere fossili”, per esempio il terminal GNL di Rio Grande negli Stati Uniti, che hanno impatti devastanti sul clima, sull’ambiente e le comunità locali.


Guarda il video di Rainforest Action Network sulla resistenza delle comunità al progetto in Papua Nuova Guinea:

Resta aggiornato, iscriviti alla newsletter

Iscrivendoti alla newsletter riceverai aggiornamenti mensili sulle notizie, le attività e gli eventi dell’organizzazione.


    Vai alla pagina sulla privacy

    Sostieni le attività di ReCommon

    Aiutaci a dare voce alle nostre campagne di denuncia

    Sostienici