Il libro del mese: Pecunia non olet, la mafia nell’industria pubblica – il caso Finmeccanica

[di Luca Manes]

In un Paese dove ormai sembra scivolarci tutto addosso, si può forse ritenere “normale” la storia raccontata in maniera impeccabile da Alessandro Da Rold nel suo “Pecunia non olet, la mafia nell’industria pubblica – il caso Finmeccanica”, edito da Chiare Lettere. Se non avessimo fatto il callo a vicende ai limiti dell’incredibile come le trattative tra lo Stato e la mafia, se non ci stupissimo più di apprendere che grandi aziende nostrane, partecipate dal governo in maniera consistente, pagano mazzette in giro per il mondo, probabilmente ci indigneremmo ancora di più a leggere le duecento pagine del libro di Da Rold.

Fa tremare i polsi l’idea che uno dei mafiosi più ricercati dalle nostre forze dell’ordine, Vito Roberto Palazzolo, potesse essere l’”uomo di fiducia” di Finmeccanica, ora ribattezzata Leonardo, in Sudafrica. Eppure è quanto scopre un dipendente del gigante italiano del settore della difesa, Francescomaria Tuccillo, uomo di legge e di sani principi etici, che pagherà con un odioso ostracismo l’aver denunciato questa relazione pericolosa e inconfessabile.

La linearità della narrazione di Da Rold, giornalista esperto e profondo conoscitore dell’universo Finmeccanica, ci permette di scoprire uno spaccato inquietante, che avrebbe meritato ben altro approccio da parte del mondo della politica, sempre pronto a chiudere entrambi gli occhi quando si parla della principale società italiana impegnata a commerciare armi in giro per il Pianeta.

Oltre a ricordare i “trascorsi” di Palazzolo, l’autore narra con dovizia di particolare la storia di Leonardo/Finmeccanica degli ultimi anni, tra casi di corruzione – in India, ma anche Corea del Sud e Panama, come racconta il rapporto di Corruption Watch –, fondi neri in Lussemburgo, cambi al vertice e influenze politiche (soprattutto da parte della Lega). E siccome comunque di affari si parla, non dobbiamo dimenticare che fra l’aprile del 2002 e il novembre del 2018 le azioni di Leonardo sono passate da 17,2 a 8,4 euro di valore. Quello che viene spesso descritto come uno fiore all’occhiello dell’industria italiana, è stato quindi gestito male e troppo spesso travolto da pesanti scandali, che solo in parte hanno ricevuto la giusta eco nell’opinione pubblica italiana.

Per capire allora come funzionano tante cose nel nostro Paese val la pena leggere con attenzione “Pecunia non olet”. Perché è importante tornare a indignarsi e non accettare lo status quo.

Resta aggiornato, iscriviti alla newsletter

Iscrivendoti alla newsletter riceverai aggiornamenti mensili sulle notizie, le attività e gli eventi dell’organizzazione.


    Vai alla pagina sulla privacy

    Sostieni le attività di ReCommon

    Aiutaci a dare voce alle nostre campagne di denuncia

    Sostienici