Tony Doherty era solo un bambino quando un pezzo di Europa precipitò nell’abisso di una guerra civile che avrebbe segnato le carni e le menti di migliaia di persone. Un bambino cattolico, figlio della classe operaia di Derry, la seconda città dell’Irlanda del Nord. Un bambino che giocava con i tanti fratelli e amici del quartiere, ogni tanto combinava qualche marachella, scrutava il cielo per individuare un frammento di satellite americano e temeva il rito del taglio di capelli come poche cose al mondo. Ma che viveva in una comunità sotto attacco e che nello spazio di pochi mesi ha imparato fin troppo bene a conoscere la violenza e i soprusi più estremi. Anche dell’esercito di Sua Maestà britannica, che in teoria quella comunità doveva proteggere dalle angherie dei lealisti protestanti. Eppure all’inizio Tony e i suoi amici facevano addirittura le commissioni per i soldati, racimolando qualche penny e provando a fare amicizia. Verrà tutto cancellato molto in fretta.
Il piccolo di papà. Storia di un’infanzia nell’Irlanda del Bloody Sunday, (Nutrimenti 2022) ci conduce pagina dopo pagina in una realtà da incubo che, alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni, sembra fin troppo attuale, nonostante sia passato mezzo secolo. Un libro che colpisce forte come un pugno nello stomaco proprio perché ci racconta con candore e semplicità la storia di un’infanzia sfregiata da quella che a tutti gli effetti è stata una guerra civile nel cuore dell’Europa Occidentale. Nel suo memoir l’autore narra in maniera sapiente il crescendo di violenza che investì Derry, o faremmo meglio a dire la comunità cattolica di Derry, all’inizio degli anni Settanta.
Un crescendo di violenza che ha il suo nadir il 30 gennaio 1972, quando il padre di Tony, Patrick “Paddy” Doherty, uscirà di casa per non farvi mai più ritorno. È la domenica di sangue, la domenica della vergogna per quella che viene dipinta come una delle democrazie più antiche del Pianeta, ma che in Irlanda del Nord per decenni seppe mostrare unicamente il volto più arrogante e brutale del potere. E che solo nel 2010 ha riconosciuto che l’uccisione di 14 civili inermi, tra cui il padre di Tony, fu un atto di barbarie. Una verità a cui si arrivò anche grazie all’impegno di Tony Doherty, passato per le file dell’IRA, l’esercito repubblicano irlandese, ma poi impegnatosi nella lotta e nell’attivismo non violento. Quella fredda domenica di gennaio segnò di fatto il principio dei Troubles, oltre due decadi di lutti infarcite di abusi del diritto da parte di un governo che non appariva di certo intenzionato a consegnare in maniera definitiva alla storia il suo retaggio colonialista e imperialista.
Lo sforzo di tenere viva la memoria e di esporre i fatti di una crudezza disarmante – come la morte del compagno di classe Damien Harkin, investito “per caso” da un blindato inglese – è pienamente riuscito da parte dell’autore, che con Il piccolo di papà ha posto il primo tassello di una trilogia dedicata a Derry e al compianto Paddy Doherty.