Basilicata, mentre il processo ai manager ENI va a rilento, spunta Blue Water

Il processo che si sta svolgendo a Potenza per lo sversamento di 400 tonnellate di petrolio dal Centro Olio di ENI in Val d’Agri (COVA), in Basilicata, ha vissuto l’ennesima udienza che si può con un eufemismo definire interlocutoria. Sembrava si fosse finalmente giunti alla fase dibattimentale e si potessero ascoltare i primi testi, invece è andata in scena l’ennesima litania di eccezioni e richieste – in particolare delle difese, tutte accettate dal Tribunale – con esiti a tratti “sorprendenti”. Stupisce che sia stata esclusa dal novero delle parti civili il Coordinamento No Triv Basilicata e che l’ennesimo rinvio comporti che il prossimo episodio del processo sarà addirittura il 15 novembre.

Non è stato inoltre ammesso, sempre per esplicita richiesta della difesa, il “memoriale” dell’ingegnere Gianluca Griffa, l’ingegnere piemontese morto suicida a 38 anni ed ex responsabile della produzione del Centro Olio. In una lettera-testamento ritrovata dopo la sua scomparsa, nel 2013, Griffa aveva evidenziato una serie di problematiche nella gestione dell’impianto. Sarà però chiamata a testimoniare la sorella dell’ingegnere, Simona Griffa, la quale avrebbe raccolto le confidenze del suo congiunto.

Secondo gli inquirenti, i manager ENI attualmente a processo per i danni causati dallo sversamento, Ruggero Gheller, Enrico Trovato e Andrea Palma, avrebbero tenuto nascosti per anni i problemi di corrosione dei serbatoi di stoccaggio del greggio appena lavorato nell’impianto. A portare gli inquirenti sulle loro tracce era stata proprio la lettera di Griffa, in cui si raccontava delle “difficoltà” incontrate con i propri superiori per aver sollevato la questione del possibile malfunzionamento di una parte dell’impianto lucano.

In attesa che finalmente il processo prenda trazione, ENI sembra aver avuto luce verde dalla Regione Basilicata per l’impianto per il trattamento dei reflui prodotti nel Centro Olio, il cosiddetto Blue Water. Come abbiamo potuto vedere e documentare, lo stabilimento dovrebbe sorgere a pochi metri dal COVA, in un’ex area agricola. Un progetto, però, che non convince gli ambientalisti lucani.

Il sito dove dovrebbe sorgere l’impianto Blue Water. Foto Mimmo Nardozza

Durante un’audizione presso la Regione Basilicata si è così espresso il presidente di Cova Contro, Giorgio Santoriello.

“Il Blue Water dovrebbe trattare 72 metricubi ora l’ora di reflui petroliferi, una grande quota di rifiuti speciali. L’impianto è sperimentale in quanto dovrebbe produrre acqua demineralizzata dalle acque del Cova ma noi esprimiamo forti perplessità perché è ubicato a pochi chilometri dall’area del Pertusillo (l’invaso creato dall’omonima diga e che dà da bere a mezzo Sud Italia, nrd) che non ha alcun sistema di difesa attiva permanente in caso di incidente petrolifero rilevante e, inoltre, ricade in aree che hanno una serie di vincoli”.

Nello specifico una quota parte delle acque depurate fornite dal Blue Water al Cova potrà, previo trattamento nella sezione dedicata del Cova, essere scaricata all’impianto consortile Asi. Ma la rete di depuratori regionali, ex Asi inclusa, non è all’altezza di ricevere nuovi reflui” ha concluso Santoriello.

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