Caso OPL245. Dopo l’Eni anche la Shell finisce sotto inchiesta

La Shell, la seconda compagnia petrolifera più grande del mondo, è sotto indagine da parte della Procura della Repubblica di Milano in relazione al presunto caso di corruzione per l’aggiudicazione del giacimento offshore nigeriano OPL245.

A riferirlo è stato ieri il Corriere della Sera, che nel suo articolo ha raccontato di come la sede dell’Aja della multinazionale sia stata perquisita lo scorso 17 febbraio da oltre cinquanta agenti delle forze dell’ordine olandesi e italiane. Nello stesso frangente è stata perquisita anche l’abitazione dell’ex ministro della Giustizia della Nigeria, Mohammed Bello Adoke.

Re:Common, Global Witness, Corner House e l’attivista anti-corruzione nigeriano Dotun Oloko, che lavorano da anni sul caso, nel giugno del 2015 avevano inoltrato un esposto alla Procura di Milano, fornendo dettagliate indicazioni sul ruolo svolto dalla Shell in tutta la vicenda.

“La Shell e l’Eni hanno sempre negato che il contratto per l’aggiudicazione di OPL245 fosse macchiato da corruzione, ma le prove che abbiamo pubblicato indicano che non è così. La notizia sull’indagine della Procura di Milano sulla Shell mostrano come il ruolo giocato nell’affare possa ritorcersi contro la società. Shell ed Eni stanno mettendo a rischio i loro investitori”, ha dichiarato Simon Taylor, direttore di Global Witness.

Una ricerca di Global Witness, Re:Common e Corner House dimostra come l’OPL245 sia stata venduta nel 1998 per 20 milioni di dollari alla Malabu Oil & Gas, una compagnia segretamente posseduta dall’allora ministro del Petrolio Dan Etete. Il blocco è stato poi ceduto alla Shell e all’Eni nel 2011, con il governo nigeriano che aveva agito da intermediario, per una cifra di 1,1 miliardo di dollari. Una somma che equivale all’80% del bilancio della sanità del 2015, ma che non ha mai raggiunto le casse statali.

Shell ed Eni hanno sempre negato di sapere che il denaro sarebbe poi finito a Etete, ma la documentazione in possesso di Global Witness, Re:Common e Corner House sembrerebbe mostrare altrimenti.

Nel 2014 il Parlamento nigeriano ha chiesto la cancellazione dell’accordo e lo ha dichiarato “contrario alle normative della Nigeria”.

“Finalmente i responsabili saranno chiamati a rispondere delle proprie azioni. Aumentare la corruzione in Nigeria tramite accordi oscuri come l’OPL245 ora avrà le dovute conseguenze” ha affermato il campaigner anti-corruzione Dotun Oloko.

L’Eni è dal 2014 sotto inchiesta da parte della Procura di Milano, mentre nel 2013, con l’operazione Zaphod, la Proceeds of Corruption Unit della Metropolitan Police di Londra aveva iniziato a indagare sul riciclaggio di denaro legato al caso OPL245. L’operazione è stata poi sospesa nel 2015, a causa della mancanza di prove messe a disposizione in quel momento dalla Nigeria. Anche le autorità statunitensi hanno tracciato i fondi connessi all’affare. Ben 190 milioni di dollari pagati dalla Shell e dall’Eni per OPL245 presenti su conti correnti di Dan Etete e di altri intermediari nel Regno Unito e in Svizzera sono stati congelati.

“Quanto accaduto è molto significativo. Ora le autorità britanniche dovranno spiegare il perché hanno interrotto le loro indagini e non hanno voluto bloccare i 110 milioni di dollari poi bloccati in un secondo momento in Svizzera”, ha detto Nick Hildyard di The Corner House.

Per Antonio Tricarico, dell’italiana Re:Common, “questi sviluppi erano da tempo attesi, dal momento che solo l’Eni era sotto indagine ed invece entrambe le compagnie hanno svolto un ruolo rilevante in tutta questa storia. È ora molto importante che chiunque sia responsabile per eventuali azioni illecite paghi per quanto commesso”, ha aggiunto Tricarico.

La Shell ha confermato con un comunicato stampa quanto rivelato dal Corriere della Sera, assicurando che la compagnia sta cooperando con le autorità inquirenti, ma negando di aver pagato direttamente la Malabu.

Resta aggiornato, iscriviti alla newsletter

Iscrivendoti alla newsletter riceverai aggiornamenti mensili sulle notizie, le attività e gli eventi dell’organizzazione.


    Vai alla pagina sulla privacy

    Sostieni le attività di ReCommon

    Aiutaci a dare voce alle nostre campagne di denuncia

    Sostienici